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Anestesia loco-regionale ecoguidata: minimo impatto sul paziente e massima precisione nell’annullamento del dolore

Anestesia loco-regionale ecoguidata: minimo impatto sul paziente e massima precisione nell’annullamento del dolore

C’è una legge – nello specifico la Legge 15 marzo 2010, n.38 – che dice letteralmente che i pazienti hanno il diritto di non provare dolore. 

Una norma che riguarda da vicino l’attività degli specialisti anestesisti, i medici che si preoccupano del controllo del dolore, durante l’esecuzione di interventi chirurgici e nel post-operatorio, attraverso l’utilizzo di appositi farmaci.
In quale modo questa legge influisce sul lavoro dell’anestesista? La risposta al dottor Mauro Proietti, Responsabile del Servizio di Anestesia della clinica Villa dei Pini di Civitanova Marche: «Il paziente ha il diritto di non provare dolore e noi abbiamo il dovere di provvedere a questo aspetto, anche informandolo su quanto sarà attuato per combattere il dolore durante gli interventi e nel post-operatorio. Prima di questa legge non c’era questa concezione, si diceva che il dolore “fa parte del gioco” e la cultura della terapia del dolore era difficile da diffondere. Oggi per fortuna non è più così: il nostro dovere è eliminare ogni forma di sofferenza fisica per quanto è nelle nostre possibilità, con l’utilizzo di farmaci sempre più evoluti. Non a caso sul simbolo della SIAARTI, la Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva, è riportata la scritta “Pro vita contra dolorem semper”, cioè “A favore della vita e sempre contro il dolore”».

Proprio da questo punto di vista, dottor Proietti, si può dire che l’anestesia sia divenuta, negli ultimi anni sempre, più efficace e sempre meno invasiva. Quali sono i passaggi che hanno determinato questa evoluzione?

«Il momento fondamentale è stato quando ha cominciato ad affermarsi l’uso delle anestesie loco-regionali ecoguidate. Il fatto di poter eseguire anestesie nelle sole aree dell’organismo che ne hanno effettivo bisogno era già affermato da tempo, la vera rivoluzione è stata quando si è verificata la possibilità di utilizzare l’ecografia per individuare con grande precisione il punto in cui procedere con l’anestesia o con l’analgesia. Un procedimento capace di procurare un doppio vantaggio: maggiore precisione, e quindi minore coinvolgimento di parti del corpo non interessate, e possibilità di utilizzare quantità minori di anestetico, giusto quelle necessarie per intervenire nel punto richiesto».

L’utilizzo dell’ecografia ha permesso anche di eseguire l’anestesia secondo procedure differenti, impostate sui cosiddetti “blocchi di fascia”. In che cosa consistono?

«Grazie all’evoluzione dello strumento dell’ecografo, si è visto che si possono raggiungere target sempre migliori, ottenere risultati di sempre maggior qualità. Un esempio è il fatto che dall’intervento sui “blocchi nervosi” cioè direttamente sul nervo, si è passati ai “blocchi di fascia”, cioè all’infiltrazione di alcuni piani per lo più muscolari, che ci permettono di risparmiare notevolmente l’uso di antidolorifici e di evitare l’utilizzo di oppioidi, che sono farmaci assolutamente efficaci ma che possono provocare alcuni effetti collaterali, come ad esempio nausea e costipazione intestinale. Un intervento come questo lo eseguiamo soprattutto in fase di analgesia post-operatoria».

Qual è la differenza tra anestesia e analgesia?

«L’anestesia è la completa rimozione del dolore che viene eseguita durante l’esecuzione di interventi chirurgici e la si ottiene attraverso l’iniezione di un farmaco mirata nei plessi nervosi che coprono la regione anatomica desiderata o naturalmente tramite una anestesia generale. Con l’anestesia si ottiene in sostanza la possibilità che il chirurgo possa operare senza che il paziente provi il minimo dolore. L’analgesia, invece, è l’azione di riduzione del dolore che viene ottenuta attraverso i blocchi di cui abbiamo detto e la contemporanea somministrazione di farmaci in quella che viene chiamata “ analgesia multimodale” Riguarda in genere la fase post-chirurgica, quando il paziente è in fase di recupero e il dolore dovuto all’intervento si fa ancora sentire».

Il dolore può essere visto? O voi anestesisti ne potete verificare la presenza solo attraverso il racconto dei pazienti?

«Sì, il dolore è come se potesse essere visto, perché dipende sempre da qualche alterazione subita dall’organismo. Prendiamo ad esempio il dolore che si prova su una gamba: può essere dovuto a una compressione midollare da ernia, oppure, ad esempio, può derivare dall’avere avuto l’Herpes Zoster, il Fuoco di Sant’Antonio, che lascia dolore anche dopo la sua guarigione. Ma può anche essere provocato dallo stiramento di un nervo o dipendere dalla sindrome del piriforme, per cui il nervo sciatico viene compresso dal muscolo piriforme causando dolore alle natiche. Senza contare i dolori che potrebbero essere causati da forme tumorali, come quelli nocicettivi o quelli neuropatici… Questo per dire che il dolore va sempre indagato, bisogna sempre cercarne la causa, perché una causa c’è sempre».

Tornando all’anestesia loco-regionale ecoguidata quali sono, riassumendo, i vantaggi per il paziente su cui viene eseguita?

«Come detto, questo tipo di anestesia, eseguita con l’aiuto dell’ecografo, consente di mirare perfettamente il punto desiderato. Questo permette di ottenere risultati anestetici molto più efficaci e di iniettare meno anestetico nell’organismo del paziente. Riuscendo a vedere in modo distinto il nervo su cui dobbiamo intervenire possiamo avvicinarci con l’ago senza entrare nel nervo – azione che potrebbe provocare danni ed effetti collaterali indesiderati – restiamo al di fuori di questo e diffondiamo l’anestetico lì intorno, riuscendo a ottenere il massimo dell’effetto anestetico con il minimo impatto sul paziente».