PRP in ortopedia, la cura e la rigenerazione naturale dei tessuti passa da qui

La metodica di cura che prevede l’utilizzo del “plasma ricco di piastrine”, comunemente chiamato con la semplice sigla PRP (Platelet Rich Plasma), dimostra una volta di più quanto sia importante la ricerca scientifica nell’evoluzione delle cure mediche.
Questo trattamento – che trova applicazione soprattutto in ambito ortopedico, ma anche in altri come ad esempio quello dermatologico – si basa sul fatto che dal nostro sangue possono essere isolati per essere utilizzati a uso curativo le piastrine e i “fattori di crescita”, sostanze che circolano nel nostro liquido ematico e che hanno la funzione di stimolare i processi di guarigione e di riparazione naturale messi in campo dal nostro organismo.
Come si sviluppa l’utilizzo del PRP in ambito ortopedico?
Ne parliamo con il dottor Pierluigi Giansante, responsabile con il dottor Nicola Gentili dell’Unità Funzionale di Ortopedia di Villa dei Pini di Civitanova Marche.
Dottor Giansante, che cos’è, nel dettaglio, il PRP?
«Il plasma ricco di piastrine è una sostanza che viene ottenuta sottoponendo a una doppia centrifugazione il sangue prelevato dal paziente. Questa centrifugazione ha il fine di separare e conservare la parte plasmatica, che contiene le piastrine e i fattori di crescita, dal resto. Quella ottenuta è in pratica una piccola parte di liquido che sarà in seguito iniettata nella parte del corpo che deve essere curata.Questo tipo di intervento viene attuato soprattutto per curare l’usura della cartilagine del ginocchio, ma può essere utilizzato in altri distretti come la spalla e i tendini, per i quali fino a tempi recenti non esisteva una vera e propria cura in grado di portare a una rigenerazione».
Quali sono, in particolare, le malattie che possono provocare una degenerazione dei tessuti?
«Tutte le condizioni di degenerazione della cartilagine. Ma anche, per quanto riguarda i tendini le cosiddette tendinopatie, come per esempio il classico “gomito del tennista”, che è un’infiammazione dei tendini del gomito dovuta a uno stress meccanico ripetuto, a seguito del quale il tendine iper-sollecitato comincia a indebolirsi e quindi a lacerarsi. In casi come questo, in passato si prescriveva la fisioterapia, l’uso di antinfiammatori e poco altro, non si avevano a disposizione altre soluzioni. Il riposo, di fatto, era quello che metteva l’organismo nelle condizioni di riparare da solo il danno che si era creato. Ora, grazie al PRP, è possibile accelerare in modo notevole il processo di riparazione, concentrando nel solo sito interessato quel fattore di crescita che avrebbe comunque agito, con altri tempi, in modo naturale».
Quali differenze ci sono tra la cura con il PRP e la cura con l’acido ialuronico?
«Entrambi vengono iniettati nell’area interessata dalla degenerazione. La grossa differenza tra i due trattamenti sta nel fatto che mentre con l’acido ialuronico si provvede a nutrire la cartilagine, in modo da rallentarne la degenerazione, con il PRP non solo si spegna l’infiammazione che accompagna l’artrosi che è alla base della lesione, ma si stimola anche una vera e propria rigenerazione del tessuto malato».
Come viene iniettato il PRP?
La sua “assunzione” può avere controindicazioni per la salute del paziente?
«L’iniezione viene eseguita dallo specialista e può avere una guida ecografica, che consente di raggiungere con grande precisione il punto esatto richiesto, senza che ci sia coinvolgimento di tutto ciò che gli sta intorno. Bisogna ricordare che il plasma ricco di piastrine non è un farmaco, viene ricavato direttamente dal sangue del paziente interessato, per cui non c’è alcun rischio di rigetti, intolleranze o reazioni particolari. A volte, nel sito di iniezione, può generarsi un po’ di rossore e di gonfiore oltre che un leggero dolore, ma si tratta sempre di una reazione poco fastidiosa e di breve durata».
Il trattamento con PRP consente di raggiungere un risultato definitivo?
«Sì, il risultato raggiunto è in linea teorica definitivo, nel senso che la cartilagine o il tendine guariscono e tutto torna come nella situazione precedente a quella che ha determinato il trattamento. Il problema è che molto spesso queste aree subiscono una degenerazione per motivi lavorativi, sportivi, posturali per cui si tratta per lo più di patologie croniche e il cronico tendenzialmente negli anni tende a recidivare, per cui può sorgere la possibilità di ripetere, qualora servisse, il trattamento».
Qual è il paziente tipo, per il quale questo trattamento risulta essere il più indicato?
«La risposta migliore la si ha nel paziente mediamente giovane, under 50 o comunque under 60: per queste persone, in presenza di un danno lieve o moderato, il risultato è molto buono sia a livello cartilagineo, sia tendineo e sia legamentoso. I buoni risultati ottenuti dopo i primi anni di impiego di questa metodica hanno fatto sì che si siano allargate le indicazioni e che siano stati coinvolti anche pazienti più anziani, ma è doveroso sottolineare che con il paziente anziano molto spesso la situazione anatomica di fondo è tale da impedire una risoluzione brillante del problema. Il “giovane” ha una qualità di tessuti migliore, più predisposta alla crescita, alla rigenerazione, nell’anziano la rigenerazione è possibile, sì, ma risulta essere chiaramente meno buona».
Quanto dura un ciclo di cura con PRP? Qual è la durata di ogni singola seduta?
«In genere si eseguono due infiltrazioni a distanza di un mese circa l’una dall’altra, in base alle condizioni in cui si trova il paziente. Molto spesso, però, può essere sufficiente anche una sola iniezione. Ogni seduta ha una durata di circa 30 minuti. In questo breve tempo si susseguono i vari step richiesti: il prelievo del sangue, la sua centrifugazione e l’inoculazione del plasma ricco di piastrine nell’area del corpo del paziente interessata dal trattamento».
Quanto tempo deve trascorrere prima di avvertire i vantaggi dovuti al trattamento con PRP?
«Grazie all’effetto antinfiammatorio del PRP, dal punto di vista del dolore i vantaggi si avvertono nel giro di pochi giorni. Per quanto riguarda la guarigione della degenerazione o della lesione, invece, si possono dover aspettare anche alcune settimane, si tratta quindi di un beneficio che si avverte nel medio termine».
Sono previste visite di controllo?
«Sì, il paziente viene controllato per verificare che il trattamento abbia funzionato e che lui si stia sottoponendo alle eventuali sedute fisioterapiche prescritte. La prima visita di controllo viene fissata in genere a distanza di una settimana, così che si possa verificare in tempi brevi se non siano sorte complicanze locali che potrebbero generare dolore, gonfiore o altre condizioni fastidiose per il paziente. I successivi controlli saranno programmati in base alla condizione del paziente, piò o meno alla distanza di un mese, un mese e mezzo, per verificare il grado di miglioramento ottenuto tra un appuntamento e l’altro».
Dottor Giansante, volendo riassumere in due righe i vantaggi che il trattamento con PRP procura al paziente, si potrebbe dire che…
«L’utilizzo del PRP, il sangue ricco di piastrine, facilita il processo di rigenerazione, riduce il dolore e l’immobilizzazione, velocizza la guarigione.